A caccia di “pichere”

Un caratteristico segno che si può incontrare lungo gli itinerari presenti nella Valle della Dora Baltea sono le pichere, ovvero i termini per indicare i confini delle fondi terrieri. Questi segni, incisi sulle rocce posizionate in punti ben evidenti, sono presenti soprattutto nell’area dell’eporediese e del’anfiteatro Morenico.

Il loro nome deriva probabilmente dal verbo “piché”, utilizzato principalmente nell’area alpina, per indicare il lavoro con il piccone, ma anche quello eseguito con martello e scalpello.

Le dimensioni di una pichera sono molto variabili, da 10 x 10 cm a 40 x 40 cm, quindi è necessario avere un occhio ben allenato per individuarle mentre si cammina e, talvolta, munirsi anche di una piccola spazzola, per poterle ripulire da muschi e licheni che possono contribuire al loro mascheramento.E’ probabile che questo metodo di indicare i confini sia molto antico. Infatti, certi documenti scritti in epoca romana riportano chiari riferimenti, come ad esempio indica il famoso gromatico romano Dolabella (63 – 49 a.C.): “nelle aree montuose in cui la roccia affiorante rendeva impossibile scavare e configgere un terminus, si consigliava di portare lapicidi per dare forma regolare a formazioni naturali e per fissare sicuri elementi di confine”. Anche un altro personaggio storico, Igino Gromatico (fine I secolo – metà II secolo d.C.), riporta notizie riguardo l’usanza di segnare sulla roccia i confini:

“Iudicanti si petrae naturales occurrunt, ipse naturales petrae pro signis habentur: sed de ipsis exceptae aut decus habent aut lineas”Se chi deve giudicare riscontra rocce naturali, le stesse rocce naturali sono considerate come demarcatori: ma alcune di esse devono avere inciso una X o delle linee.
Foto di A.Vergnano – una pichera nei boschi di Montalto Dora
Foto di A.Vergnano – una pichera nei boschi di Montalto Dora
Foto di A.Vergnano – una pichera nei boschi di Cesnola (Settimo Vittone)

Immagini collegate: